Helsinki!

Ultima tappa della nostra visita in Finlandia: Helsinki!

Dopo aver trascorso alcuni meravigliosi giorni insieme a Felipe e Annarikka abbiamo lasciato Sammatti per visitare la capitale finlandese situata nella parte meridionale del Paese sulle rive del golfo di Finlandia.

Fondata nel 1550 per volere del re di Svezia Gustav Vasa con il nome di Helsingfors non è da sempre la capitale del Paese. Fu nel 1812, durante il dominio russo, che lo zar Alessandro I decise di spostare la capitale finlandese da Turku a Helsinki in quanto la relativa debolezza dell’influenza svedese sulla città, e la sua vicinanza a San Pietroburgo, avrebbero reso il controllo del governo locale più semplice.

Siamo arrivati in città sabato sera e dopo una tappa al supermercato e una cena a base di burritos abbiamo trovato un posto in cui pernottare. Parcheggiare è davvero costoso in questa città: le tariffe orarie variano da 2 a 4 €/ora a seconda della zona. Fortunatamente abbiamo trovato una zona con dei lavori in corso non lontana dal centro in cui poter dormire a costo zero.

Al nostro risveglio ci siamo diretti al Dallapènpuisto in cui, ogni domenica si svolge un mercatino delle pulci. Fin dalle prime ore del mattino i sentieri di questo parco cittadino si riempiono di venditori e acquirenti. Anche noi abbiamo allestito la nostra bancarella: per guadagnare qualcosa con cui sostenere le spese di viaggio ci siamo portati dietro alcuni articoli di artigianato prodotti da noi o acquistati nei nostri precedenti viaggi in giro per il mondo.

Non abbiamo fatto un grande incasso ma è stato bello incontrare persone di varie nazionalità che si ritrovano per vendere o acquistare qualsiasi genere di prodotto.

In modo particolare ci porteremo dietro il ricordo di Jaikub, un ragazzo proveniente dal Kurdistan, rifugiatosi in Finlandia per fuggire alla persecuzione del suo popolo da parte del governo turco. Il nostro vicino di bancarella ha condiviso con noi il suo pranzo e, al momento di lasciarci, ci ha donato un sacchetto pieno di dolci tipici del suo Paese. La sua generosità è stata disarmante e ci ha dato una grande lezione di umiltà.

Quando i potenziali acquirenti hanno cominciato a diminuire abbiamo smontato la nostra bancarella e abbiamo gironzolato per le vie del centro prima di rientrare su Joy per la cena.

Il giorno successivo abbiamo continuato la nostra visita dedicando la maggior parte del tempo ad un edificio in particolare: la biblioteca Oodi. Si tratta di un luogo straordinario sia dal punto di vista architettonico sia dal punto vista culturale.

La struttura in acciaio, legno e vetro ricorda lo scafo di una nave e si compone di tre livelli: al piano terra, oltre ad un ristorante e un cinema, sono presenti diversi tavoli in cui è possibile giocare, tra le altre cose, a scacchi, dama e go. Il primo piano è interamente dedicato alle arti con postazioni per il cucito, sale di incisione, stampanti tradizionali e 3d e, ovviamente postazioni multimediali. Sempre al secondo piano si trovano diverse salette, particolarmente apprezzate da Giacomo, in cui è possibile utilizzare console per videogame. Il terzo piano è sede di una raccolta di oltre 100.000 volumi. Abbiamo trovato anche libri (per adulti e bambini) in italiano! Oltre a libri, quotidiani e riviste in diverse lingue è possibile utilizzare e prendere in prestito innumerevoli giochi in scatola. Un’intera area di questo piano è dedicata ai bambini e alle famiglie con tappeti, spazi in cui giocare e salette per attività motorie e artistiche. Di fronte alla caffeteria si accede ad un ampia terrazza che, abbiamo scoperto, è allo stesso livello dell’ingresso del palazzo dell’antistante parlamento. Gli architetti hanno voluto simboleggiare con questa scelta la pari importanza della cultura rispetto alla politica. Davvero tanta roba!

Il mondo è la mia casa

Incontrare persone che abitano in luoghi isolati, immersi in una natura intensa e predominante, fa riflettere su possibilità altre di vivere, stare e relazionarsi con il mondo e gli altri… aprendo prospettive affascinanti.

Nel nostro peregrinare, aperti a incontri che nascono da altri incontri, abbiamo conosciuto e trascorso del tempo con una famiglia italiana trasferitasi in Scandinavia tre anni fa, prima in Svezia e poi in Finlandia.

L’incontro con Cristina, Cristian e i loro quattro figli è stato un po’ “un tornare a casa”: è stato un ritrovare un sostrato culturale sociale vicino e familiare. Anche per Giacomo e Anita è stata l’occasione per incontrare bambini e bambine con cui parlare (e giocare!) in italiano. È stato interessante sentire raccontare la Finlandia attraverso i loro occhi e la loro esperienza, confrontandola con la nostra percezione. Ci hanno aiutato a decodificare alcuni aspetti della cultura Finlandese e hanno condiviso la loro esperienza e ricerca di vita.

Abbiamo visitato in più momenti l’ecovillaggio Katajamäki (collina dei ginepri) parlando con le persone che ci abitano stanzialmente o per lunghi periodi.

Valtteri è uno di questi.

Ci ha mostrato alcuni spazi, tra cui la stanza dove dorme.

Istintivamente gli ho chiesto: “Questa è la tua stanza?”

Risponde: “Non è mia! È dove vivo.”

Poi esce e guardando verso il cielo, allargando le braccia mi dice: “Questa è la mia casa!”

Questa frase mi è risuonata subito percependo molto umile, vero e profondo il suo sentire.

Mi ha commosso e mi ha fatto molto ragionare sul mio presupposto culturale e linguistico!

Mi è subito tornato alla mente quello che ci raccontava qualche giorno prima Cristina: la lingua finlandese oltre a non avere i generi femminile e maschile, stabilisce una relazione molto diversa tra soggetto e oggetto. Non è il soggetto a possedere l’oggetto ma è l’oggetto che in un certo senso viene al soggetto, implicando un’ idea di transizione circolare per cui come arriva, può andare…

Mi fa molto riflettere su quanto la lingua con cui pensiamo (ancor prima di esprimerci) rifletta una visione della relazione che instauriamo come soggetti con altri soggetti e con le cose del mondo. L’idea del possesso ci pone in una relazione di dominio e predominanza, rispetto a tutto ciò che riceviamo come dono.

La terra che ci accoglie, sostiene e nutre è un dono!

Il cielo che ci circonda, orienta e avvolge è un dono!

Spesso penso di dover possedere qualcosa e invece è così bello porre l’attenzione su quanto si può usufruire e godere delle cose perché in qualche modo “arrivano a noi”.

In Finlandese abbiamo osservato e spesso goduto di strutture, risorse, servizi messi a disposizione in modo generoso, gratuito e con una fiducia implicita. Capita spesso di trovare, lungo i sentieri nei boschi, strutture di legno (lavuu) dove potersi riparare ed eventualmente dormire, con la postazione fuoco e griglia (non raramente munita di legna già spaccata o utensili per farla nel bosco vicino) e immancabile compost-toilette (con tanto di carta igienica). In alcune aree soste per viaggiatori si trova il servizio lavatrice-asciugatrice gratuito.

Ci siamo piacevolmente stupiti di questa disponibilità che, a mio parere, implicano un alto grado di fiducia nel fatto che le persone possano usufruirne in modo responsabile, autogovernandosi in base al bisogno. Mi sembra implicitamente un grande esercizio di consapevolezza e libertà, che stimola in chi riceve senso di gratitudine, responsabilità e desiderio di cura del mondo che ci ospita!

Quando si raccolgono le cipolle?

Tornando con la memoria ai giorni trascorsi ospiti da Adam e Anja in Polonia, in un piccolo paesino sopra Varsavia, ripenso ad una delle mansioni svolte nell’orto: raccogliere le cipolle.

Anita e Giacomo mi hanno aiutata con entusiasmo in questa attività.
Durante questa operazione semplice, banale e non pregna di particolare rivelanza ho preso coscienza di una cosa: stavo per mettere in pratica un informazione raccolta e memorizzata accidentalmente poco tempo prima, comprendendone il reale valore intrinseco.
All’inizio del nostro viaggio, durante la prima tappa a Grumes, con Gloria abbiamo scoperto che le cipolle si raccolgono quando lo stelo con le foglie è secco.
Probabilmente tanti di voi già lo sapevano, io l’ho scoperto poco prima di compiere 40 anni.
Ma non è tanto questa lacuna a fare scalpore, nonostante io sia contenta di aver scoperto quando si raccolgono le cipolle. Il detto “meglio tardi che mai” mi viene in soccorso!
Più di questo ho riflettuto sulla conoscenza che Anita e Giacomo stanno acquisendo, memorizzando e trattenendo nel loro bagaglio di vita.
Mi chiedo quanto possa essere importante acquisire questo panorama di conoscenze rispetto alla natura che ci sfama, legate all’ autosostentamento.
Credo che sia un sapere pratico e concreto prezioso come altri (tipo quello di cucire, lavorare la maglia ai ferri o uncinetto) che ci riporta ai reali bisogni che abbiamo, al fare manuale e alla soddisfazione -con una dose di fatica- che dà!

Questo episodio, come altri simili, mi suscita svariate domande rispetto ai saperi importanti della vita, riportandomi alla distinzione e categorizzazione tra saperi alti, intellettuali e saperi concreti e manuali non per questo meno nobili.
Penso ai miei saperi e li paragono a quelli dei miei figli che già mi sembrano più radicati nella vita.

Pietrangeli, nella canzone Contessa, ci ricorda che “anche l’operaio vuole il figlio dottore”.
Ha ragione. Anche io mi auguro che i miei figli siano, se non dottori, sicuramente “dotti” perché “saper pensare” e la cultura hanno un valore inestimabile ma altrettanto mi auguro che possano avere una buona dose di “saper fare”.

Un tuffo nel passato

Qualche giorno fa nel nostro trasferimento da Hailuoto in direzione sud Park4night ci ha portato a dormire nei dintorni di Evijarvi.

A pochi chilometri abbiamo scoperto l’esistenza di un interessante museo.

Vainontalo fu fondato da Vaino Tuomaala, un collezionista la cui passione per gli oggetti e le storie del passato cominciò già in tenera età. Dopo aver acquistato un terreno adiacente alla sua abitazione cominciò a raccogliervi i primi pezzi della sua collezione. Attualmente essa consiste in 20 edifici e circa 19.000 oggetti provenienti dall’area dell’Ostrobothnia.

Al nostro arrivo siamo stati accolti da Nina, che, dopo averci fatto uno “sconto famiglia”, ci ha guidati nella visita.

L’edificio principale, Alperintupa, fu prelevato da Veteli nel 1958 e ricostruito nell’attuale sito. è un bellissimo esempio dello stile architettonico della regione ed è formato da due piani: il primo risale alla fine del diciottesimo scolo mentre il secondo fu aggiunto verso il 1840.

L’interno è ricchissimo di oggetti e arredi che ci hanno riportato alla vita di una numerosa famiglia contadina del secolo scorso. La fedeltà della ricostruzione ci ha trasmesso l’atmosfera in cui si viveva all’epoca. Una vita semplice ma per nulla facile in cui bisognava ingegnarsi per affrontare i rigori dell’inverno e la carenza di risorse.

La cottura del pane di segale, ad esempio, avveniva solo due volte all’anno. Le ciambelle venivano poi appese alle travi del soffitto per essere conservate.

Alcuni oggetti hanno colpito la nostra attenzione…

Al piano superiore sono state allestite delle stanze tematiche. Ecco alcune:

Un aula scolastica

La stanza coi cimeli di guerra

La Stanza della musica

Tra tutti gli oggetti uno su tutti ci ha particolarmente incuriosito. Eccolo.

Indovina cos’è!

Riuscite ad indovinare di cosa si tratta? Scrivetecelo nei commenti!


Prima di congedarci Nina ci ha confidato che sua figlia vorrebbe venire a fare un’esperienza come ragazza au pair in Italia e siamo stati ben lieti di lasciarle il nostro recapito. Magari potremmo anche ospitarla in uno dei progetti di casa pedagogica… Chiaccherando poi le abbiamo parlato del nostro progetto di ricerca, ne è stata entusiasta e si è subito prodigata per fissarci un incontro con il direttore della scuola primaria di Evijarvi! Trovate le foto qui oppure qui.

Seminatori di stelle

La nostra amica Cristina, partecipante del progetto Samara, ci ha donato prima di partire delle stelle colorate fatte con la tecnica origami.


Erano accompagnate da questa dolce dedica:
“Siamo polvere di stelle, ecco perché affidiamo i nostri sogni a loro.
Poi diveniamo nucleo splendente che ci permette di brillare lasciando una traccia dietro di noi.
Nel nostro andare, nuove stelle prendono vita ad ogni tappa del nostro incedere.
Unendole il disegno sarà chiaro in questo vasto cielo stellato.”

La prima l’abbiamo appesa al cruscotto di Joy e ci segna la direzione da prendere…


Le altre abbiamo deciso di condividerle e donarle alle persone che incontreremo lungo la strada.
Le doniamo in segno di buon auspicio per i desideri di gioia che ognuno potrà esprimere!
Infatti le stelle hanno una stretta relazione con i desideri: etimologicamente “desiderio” significa “senza sirio”. Sirio era la stella di riferimento per gli uomini di mare e terra per orientarsi, per sapere quale direzione intraprendere…
Proprio come le stelle, i desideri danno direzione al nostro procedere.
Desiderare è l’inizio di un progetto, un sogno…

Sarà bello alla fine del nostro viaggio poter tracciare una mappa delle stelle regalate e seminate…

Uno speciale ringraziamento va a Cristina perché il suo dono unisce il nostro sogno a quelli altrui!


Queste sono le stelle che finora abbiamo donato:

Grumes – Trentino-Alto Adige: Gloria e Marcello
Brloh – Czech Republic: Christina and Jiri
Opinogora Gorna – Poland: Adam and Anja
NordKapp – Norway: Giampiero e Libero+Musa
Oulu – Finland: Kristiina and her son, Rafael

Rock art!

Venerdì 2 settembre dopo aver salutato Giampiero Monaca ci siamo diretti a sud con l’idea di raggiungere Lakselv alla fine del Porsangerfjord e da lì proseguire il giorno dopo per la Finlandia. Lungo la strada però, come spesso accade, abbiamo cambiato destinazione. Ci siamo lasciati tentare dal cartello che indicava la direzione per Alta, meta suggeritaci qualche giorno prima da Mario e Lea, la coppia di ragazzi tedeschi conosciuti quache giorno prima e che proprio mentre ci dirigevamo a Nordkapp abbiamo rivisto lungo la strada.

La cosa che ci ha stuzzicato maggiormente è stata l’idea di recarci all’Alta Museum situato sulla baia di Hjemmeluft.

Hiemmeluft è il nome norvegese della zona che un tempo i Sami (termine da preferire al più usato Lapponi) chiamavano Jiepmaluokta (jiepma = foca e luokta = baia) ma ormai di foche nella baia non se ne vedono più…

Ciò che ha reso famoso questo luogo, al punto da meritarsi l’iscrizione al patrimonio dell’Unesco nel 1985, è stata la scoperta tra gli anni ’60 e ’70 di alcune incisioni rupestri.

Ad oggi sono state portate alla luce circa seimila figure risalenti ad un perido compreso tra settemila e duemila anni anni fa.

“L’arte rupestre di Alta, che include migliaia di incisioni e graffiti, è un’eccezionale testimonianza di vari aspetti della vita, della natura e delle attività delle popolazioni di cacciatori che hanno vissuto nel territorio artico nella preistoria. Le grandi variazioni di motivi e scene rappresentate hanno un alto valore artistico e rappresentano una lunga tradizione di interazioni tra le popolazioni di cacciatori e il territorio. Le incisioni rappresentano anche lo sviluppo dei simboli esistenti e dei riti praticati intorno al 5000 a.C. fino all’anno 0” (fonte: unesco.org)

Le numerose figure rupestri sono incise su rocce situate in una zona costiera. A seguito dell’innalzamento delle terre avvenuto al termine dell’ultimo periodo glaciale (la cosiddetta glaciazione Würm, terminata all’incirca tra il 16.000 e il 14.000 a.C.) le incisioni più antiche risultano situate nella parte superiore del sito mentre le più recenti si trovano più vicine al mare.

Quando le rocce furono incise, infatti, la roccia si trovava a livello del mare. Oggi sono visibili a differenti altezze tra gli 8 e i 25 metri s.l.m. Durante il periodo glaciale la maggior parte della Scandinavia era ricoperta, e spinta verso il basso, da un enorme strato di ghiaccio spesso fino a tremila metri di altezza. Quando, al termine dell’era glaciale, il ghiaccio ha lentamente inziato a sciogliersi, la terra ha iniziato ad innalzarsi prima più velocemente e poi più lentamente, al diminuire della pressione.

Percorrere i 3 chiometri di passerella che costeggia i vari massi incisi è stato un vero tuffo nel passato sia dal punto di vista geologico che antropologico. O meglio, è stato come prendere la macchina del tempo partendo dalle incisioni più antiche (pitturate di rosso secondo l’uso in voga ai tempi della loro scoperta) a quelle più recenti, volutamente lasciate nella loro condizione originale.

Una guida cartacea e un’ottima audioguida (disponibile anche in italiano) hanno reso la fruizione della visita ancora più interessante ed arrichente sia per noi che per i bambini.

Oltre al fascino di un’espressione artisitica risalente ad un passato così lontano ci ha permesso di conoscere e riflettere su tanti argomenti:

  • Geologia – glaciazioni, movimenti della crosta terrestre, formazione e composizione delle rocce
  • Storia – linea del tempo, evoluzione dei viventi, contatti tra popolazioni in epoche lontane, convenzioni nella misurazione del tempo (a.C. / d.C.), usanze della vita quotidiana, tradizioni e necessità e modalità diverse di comunicare (da quella grafica a quella linguistica orale e scritta).
  • Zoologia – diffusione di alcune specie di animali e loro caratteristiche, estinzioni per diverse cause.
  • Filosofia – concezione di spiritualità, sciamanesimo, cosmogonia, connessione profonda con la natura e le sue forze (animali totemici).

A conclusione del percorso all’aperto, una mostra permanente allestita nei locali del museo ha arricchito la visita grazie a panneli informativi, teche con reperti, filmati e alcune esperienze multimediali che i nostri due nativi digitali hanno particolarmente apprezzato.

Un’ultima curiosità: il locale seminterrato che ospita i bagni e gli armadietti guardaroba è anche un rifugio anti-bomba. A partire dal 1953, in piena guerra fredda, una legge norvegese prevedeva che ogni edificio pubblico con una superficie superiore ai 150 mq dovesse opsitare un bunker. Il museo di Alta, inaugurato nel 1991, occupa una superficie di 2500 mq e il suo rifugio sotterraneo potrebbe offrire riparo in caso di bombardamento e radiazioni ma, come evidenziato sulle sue porte, il personale si augura che non debba mai essere usato per lo scopo per cui è stato creato bensì “come parte di un esibizione museale sul passato primitivo dell’umanità quando l’uomo ha fatto la guerra contro l’uomo”.

Insomma, una deviazione dell’ultimo minuto si è rivelata un’ottima occasione di apprendimento per tutta la famiglia. L’interesse che questa esperienza ha suscitato in Giacomo e Anita si sta manifestando anche nei loro giochi: proprio nel momento in cui scrivo stanno impersonando due primitivi che cercano legna e vanno a caccia per nutrire la tribù.

Ancora una volta il viaggio ci ha insegnato qualcosa del nostro passato di specie umana in cammino.

Un ringraziamento va a Roberta che, con una donazione fattaci qualche giorno fa, ci ha permesso di sostenere il costo (non proprio economico) dell’ingresso al museo. Grazie di cuore!

Giunti alla fine della terra… per poi ricominciare!

Dopo aver attraversato chilometri e chilometri di strada con montagne da una parte e mare dall’altro -si intrecciano in un abbraccio amoroso- siamo arrivati a quello che ti dicono essere il punto più a Nord d’Europa!

Capo Nord, 71° 10′ 21″.

Tecnicamente un promontorio di erba e pietra che si butta a picco nel mare, nell’oceano Artico. 

Poi una distesa infinita d’acqua…

Null’altro!

Non c’è nulla ma in quel nulla c’è qualcosa di magnetico, potente ed emozionante!!

Credo che in parte il fascino derivi dall’aspetto simbolico del luogo.

Nordkapp è il punto più a Nord dell’Europa continentale e la fine della Terra, quantomeno della terra emersa…

Eppure quella scogliera di 300 metri a picco su una distesa d’acqua a perdita d’occhio marca un confine ben preciso. 

Oltre a lì non è possibile procedere.

Si delimita un limite forte e tangibile, la fine della terra appunto. 

Anche se poi non è una fine. 

È una fine che anela a un altro altrove, che è solo l’inizio di qualcosa d’altro, forse solo in un’altra forma. 

Una fine che richiama e apre a nuove possibilità, invece che chiuderle ed escluderle.

Eppure questa presunta “fine” ha qualcosa di maestoso, sublime e profondamente emozionante che riconduce alla sensazione e percezione della propria piccolezza e finitudine.

Mi sono sentita tanto piccola ma nello stesso tempo tanto fortunata e grata di poter contemplare tanta meraviglia!

È in questo incontro amoroso tra forze titaniche, quali la terra e il mare, in quel nulla di maestosità, che ho contemplato il Tutto!

Finalmente Finlandia

Inari. Lapponia. Poco più 300 chilometri a nord di Rovaniemi e poco meno di 400 chilometri a sud di Capo nord.

Siamo in Finlandia da poco meno di una settimana e questa terra ci ha già conquistati.

Dopo la traversata di circa 3 ore sul traghetto che ci ha portati da Tallin a Helsinki ci siamo diretti subito a Vantaa. Qui abbiamo incontrato Carl, un simpatico teatroterapeuta che avevamo contattato qualche giorno prima, che si è reso disponibile ad ospitarci. Abbiamo trascorso una piacevole serata in compagnia sua e di Cedric, un volontario tedesco che sta girando il nord Europa in sella alla sua moto. Oltre ad aprirci le porte di casa sua Carl si è reso disponibile a custodire le nostre biciclette finchè non torneremo a sud dopo aver visitato la Lapponia.

La nostra Joy e il Fiat Talento di Carl

Già, perche dopo poche centinaia di chilometri dalla nostra partenza il portabici di Joy putroppo ha cominciato a dare segni di cedimento: uno dei due sostegni a cui è agganciato si è parziamente staccato col rischio di cedere. Non appena è stato possibile, mentre eravamo in sosta nel terreno di Martin e Katarina a Dolni Vestonice, Repubblica Ceca, l’ho smontato e riparato alla meglio mettendo nuove viti più grandi e incollando il supporto alla carrozzeria. Per non correre il rischio di perderle per strada abbiamo comunque deciso di spedire a casa almeno una bicicletta, quella di Ersilia, e tenere la mia, dotata di seggiolino per Anita, e quella di Giacomo. E qui è iniziata un’odissea… Grazie all’aiuto di Martin abbiamo contattato il servizio clienti di Gls, chiesto un preventivo, e abbiamo procurato cartoni, scotch e tutto quanto potesse servirci per impacchetare la bici. Siamo arrivati davanti alla sede di Gls di Brno durante la pausa pranzo e, in attesa che riaprisse, abbiamo iniziato a smontare la bici. Poco dopo è comparso un dipendente che vedendoci al lavoro ci ha chiesto se fossimo intenzionati a spedire la bici. Alla nostra risposta affermativa ci ha informato, in un inglese stentato, che non sarebbe stato possibile! A nulla è servito l’intervento telefonico del nostro amico a fare da interprete e successivamente a cercare altre compagnie disponibili. A quanto pare da poco più di un anno a questa parte nessun corriere offre più il servizio di spedizione delle biciclette. Non abbiamo ancora capito perchè e, al momento, abbiamo rinunciato a capirlo. Abbiamo acquistato delle cinghie con cui assicurare il portabici alle barre fissate al tetto di Joy e incrociando le dita di mani e piedi ci siamo rimessi in viaggio.

Ad oggi, dopo diversi giorni e molti chilometri, il portabici sembra tenere ma visto che Carl si è reso disponibile gliele abbiamo dunque lasciate per qualche giorno. E a quel punto, più leggeri e senza timori, ci siamo lanciati (alla velocità folle di 80 km/h!) verso Rovaniemi.

Dopo la tappa obbligata al villaggio di Babbo Natale, dopo la carrambata e il pranzo con Alessandro (un mio compagno delle magistrali che si trovava qui in vacanza con la famiglia), dopo la sosta a Sodankyla con visita al meraviglioso museo del patrimonio culturale locale, dopo gli incontri con le numerose renne che popolano questi boschi, siamo arrivati qui…

Renne on the road

Inari. Lapponia. Poco più 300 chilometri a nord di Rovaniemi e poco meno di 400 chilometri a sud di Capo nord.

Siamo entrati nell’ufficio turistico mentre fuori nuvole grigie, pioggia battente e arcobaleno si contendevano un posto nel cielo turchino. Una gentilissima impiegata ci ha fornito informazioni sui sentieri della zona e ha risposto pazientemente a tutte le mie domande anche quando ho cercato aiuto per risolvere i problemi di connessione della mia sim finlandese appena acquistata.

Ci siamo dunque diretti verso la zona indicataci galvanizzati dal fatto che anche Park4night segnalava nei paraggi la presenza di una area di sosta in natura.

Area di sosta in mezzo ad un meraviglioso bosco di abeti

Che scelta azzeccata! Siamo qui da due giorni e a poco più di 500 metri da dove abbiamo parcheggiato scorre impetuoso lo Juutuanjoki. Le due sponde del fiume sono collegate da un ponte sospeso che, seppur solido, traballa ad ogni passo. Anita si è divertita un sacco a percorrerlo più e più volte e a sdraiarsi osservando le rapide del fiume.

Nella sponda opposta a quella da cui siamo arrivati c’è una laavu, termine che in finlandese indica una tettoia, una capanna aperta, con al centro un braciere per il fuoco. Accanto alla laavu c’è un altro edificio più grande, anch’esso ovviamente in legno di abete, che ospita due locali: una compost toilet (più grande del bagno di casa nostra) e un deposito stracolmo di sacchi di legna da ardere pronti all’uso.

A questo punto chi ci conosce può immaginare cosa sia successo… Da due giorni ci siamo praticamente trasferiti qui. Per noi si avvicina molto all’idea di paradiso terrestre: chilometri di sentieri, un sottobosco generoso di mirtilli e funghi, un torrente in cui Giacomo si sta cimentando nella pesca, un’intera foresta da eplorare, il braciere per accendere il fuoco con cui scaldarci e cucinare… Cosa desiderare di più?

Nelle ore trascorse intorno al fuoco abbiamo avuto modo di leggere, scrivere, chiaccherare, giocare e fare la conoscenza con diverse persone con cui abbiamo intavolato interessanti conversazioni.

La prima sera abbiamo conosciuto Mario e Lea, una giovane coppia di viaggiatori tedeschi in giro da due mesi. Ci stanno prendendo gusto e chissà che non decidano di prolungare il loro viaggio.

Oggi è stata la volta di Mario (ancora!) e Bregje, due signori olandesi innamorati, oltre che uno dell’altra, della Finlandia. Ci hanno consigliato di visitare la Finlandia sud-orientale in cui da qualche anno prendono in affito una casa. Ci hanno anche detto che se passeremo dall’Olanda ci ospiteranno a casa loro.

E, infine, è stato il turno di Leila, finlandese, proveniente dal sud che si trova qui temporaneamente per lavorare come interprete in un incontro tra rappresentanti norvegesi e finlandesi che dovranno discutere del diritto di pesca in un fiume che percorre il confine tra i due stati. Anche lei ci ha detto che se decidessimo di passare dalle sue parti sarebbe lieta di accoglierci nel suo cottage in riva al lago.

Che dire, begli incontri in un luogo incantevole. Roba da rimanere qui per sempre. O almeno un’altra settimana. Ed invece domani si riparte mettendo il muso di Joy di nuovo verso nord…

Orchi e streghe

Passeggiando per un bosco poco fuori Tallinn, capitale estone, con Giacomo abbiamo parlato delle sue paure.
Ultimamente capita che durante la notte si svegli dicendo che ha paura dei mostri.
Abbiamo cercato di capire quale sia il timore e come si sente quando cala il buio che richiama l’ignoto.
Noi stessi, Sandro e io, ci siamo ritrovati a raccontare di quando da bambini temevamo il buio e di tutto quello che la nostra immaginazione proiettava in quel buio.
A ripensarci sento ancora quella paura come reale, fisica, non razionalmente spiegabile. Abbiamo riconosciuto legittime le paure di Giacomo, con i suoi otto anni di vita, che si trova a vivere un’esperienza elettrizzante ma anche ricca di incognite!

Abbiamo cercato di ascoltare, accogliere, rispecchiare e legittimare le sue paure più esplicite chiedendo cosa potrebbe aiutarlo ad “avere meno paura”.
Siamo arrivati a ricordarci che starci vicino  rassicura e rasserena, ricordandogli la nostra presenza, protezione e amore.
Questo, da madre e da padre, è il nostro primario compito anche se in cuor mio sono consapevole che può essere solo un buon proposito.
Il timore di non essere sufficientemente protettiva è reale e tangibile!
So che non posso (e forse, non devo) proteggerlo da tutto, neanche dalle sue stesse paure. Non è nelle mie reali e umane possibilità. Non posso, anche se vorrei, controllare l’accadere delle cose.
Tanto meno non posso illudere i miei figli di poterlo fare, non sarebbe onesto.
La cosa che, forse, posso fare è accogliere il mio e loro senso di fragilità poiché è questo che più di tutto le paure ci ricordano: che siamo fragili!
È questa fragilità che tanto ci fa sentire esposti e indifesi. Ci fa tremare…
Ma a volte forse dobbiamo un po’ tremare per comprendere quanto di prezioso e precario abbiamo, per desiderare un abbraccio che scalda e accoglie, per dialogare e scendere a patti con le ombre che ci accompagnano.

Abbiamo cercato, in un secondo momento, di ironizzare dicendo che se i “mostri” annusano i piedi (talvolta sporchi e puzzolenti) forse scappano!
Poi mi è venuto da ricordare che più di tutto i “mostri”, come dice Manuel Agnelli, sono soli, forse bisognosi solo di attenzione, e che quando si ha il coraggio di affrontarli si scoprono cose inaspettate!
Allora penso ai miei “mostri”: quelli che da piccola cercavano spesso di entrare dalla porta di casa mia, creandomi molta paura e inquietudine. Quando una volta, invece che opporre resistenza, ho aperto la porta per “dirgliene quattro”, li ho trovati sicuramente brutti ma anche molto indifesi, fragili e soli!!
Mi hanno fatto così tanta tenerezza che non sono più tornati a trovarmi nel cuore della notte!

Auguro a Giacomo, con il tempo, di riuscire a trovare un modo per entrare in relazione con i suoi “mostri”, per forse scoprire che spariscono proprio quando accettiamo di vederli e fargli compagnia!