Quando si raccolgono le cipolle?

Tornando con la memoria ai giorni trascorsi ospiti da Adam e Anja in Polonia, in un piccolo paesino sopra Varsavia, ripenso ad una delle mansioni svolte nell’orto: raccogliere le cipolle.

Anita e Giacomo mi hanno aiutata con entusiasmo in questa attività.
Durante questa operazione semplice, banale e non pregna di particolare rivelanza ho preso coscienza di una cosa: stavo per mettere in pratica un informazione raccolta e memorizzata accidentalmente poco tempo prima, comprendendone il reale valore intrinseco.
All’inizio del nostro viaggio, durante la prima tappa a Grumes, con Gloria abbiamo scoperto che le cipolle si raccolgono quando lo stelo con le foglie è secco.
Probabilmente tanti di voi già lo sapevano, io l’ho scoperto poco prima di compiere 40 anni.
Ma non è tanto questa lacuna a fare scalpore, nonostante io sia contenta di aver scoperto quando si raccolgono le cipolle. Il detto “meglio tardi che mai” mi viene in soccorso!
Più di questo ho riflettuto sulla conoscenza che Anita e Giacomo stanno acquisendo, memorizzando e trattenendo nel loro bagaglio di vita.
Mi chiedo quanto possa essere importante acquisire questo panorama di conoscenze rispetto alla natura che ci sfama, legate all’ autosostentamento.
Credo che sia un sapere pratico e concreto prezioso come altri (tipo quello di cucire, lavorare la maglia ai ferri o uncinetto) che ci riporta ai reali bisogni che abbiamo, al fare manuale e alla soddisfazione -con una dose di fatica- che dà!

Questo episodio, come altri simili, mi suscita svariate domande rispetto ai saperi importanti della vita, riportandomi alla distinzione e categorizzazione tra saperi alti, intellettuali e saperi concreti e manuali non per questo meno nobili.
Penso ai miei saperi e li paragono a quelli dei miei figli che già mi sembrano più radicati nella vita.

Pietrangeli, nella canzone Contessa, ci ricorda che “anche l’operaio vuole il figlio dottore”.
Ha ragione. Anche io mi auguro che i miei figli siano, se non dottori, sicuramente “dotti” perché “saper pensare” e la cultura hanno un valore inestimabile ma altrettanto mi auguro che possano avere una buona dose di “saper fare”.

Un tuffo nel passato

Qualche giorno fa nel nostro trasferimento da Hailuoto in direzione sud Park4night ci ha portato a dormire nei dintorni di Evijarvi.

A pochi chilometri abbiamo scoperto l’esistenza di un interessante museo.

Vainontalo fu fondato da Vaino Tuomaala, un collezionista la cui passione per gli oggetti e le storie del passato cominciò già in tenera età. Dopo aver acquistato un terreno adiacente alla sua abitazione cominciò a raccogliervi i primi pezzi della sua collezione. Attualmente essa consiste in 20 edifici e circa 19.000 oggetti provenienti dall’area dell’Ostrobothnia.

Al nostro arrivo siamo stati accolti da Nina, che, dopo averci fatto uno “sconto famiglia”, ci ha guidati nella visita.

L’edificio principale, Alperintupa, fu prelevato da Veteli nel 1958 e ricostruito nell’attuale sito. è un bellissimo esempio dello stile architettonico della regione ed è formato da due piani: il primo risale alla fine del diciottesimo scolo mentre il secondo fu aggiunto verso il 1840.

L’interno è ricchissimo di oggetti e arredi che ci hanno riportato alla vita di una numerosa famiglia contadina del secolo scorso. La fedeltà della ricostruzione ci ha trasmesso l’atmosfera in cui si viveva all’epoca. Una vita semplice ma per nulla facile in cui bisognava ingegnarsi per affrontare i rigori dell’inverno e la carenza di risorse.

La cottura del pane di segale, ad esempio, avveniva solo due volte all’anno. Le ciambelle venivano poi appese alle travi del soffitto per essere conservate.

Alcuni oggetti hanno colpito la nostra attenzione…

Al piano superiore sono state allestite delle stanze tematiche. Ecco alcune:

Un aula scolastica

La stanza coi cimeli di guerra

La Stanza della musica

Tra tutti gli oggetti uno su tutti ci ha particolarmente incuriosito. Eccolo.

Indovina cos’è!

Riuscite ad indovinare di cosa si tratta? Scrivetecelo nei commenti!


Prima di congedarci Nina ci ha confidato che sua figlia vorrebbe venire a fare un’esperienza come ragazza au pair in Italia e siamo stati ben lieti di lasciarle il nostro recapito. Magari potremmo anche ospitarla in uno dei progetti di casa pedagogica… Chiaccherando poi le abbiamo parlato del nostro progetto di ricerca, ne è stata entusiasta e si è subito prodigata per fissarci un incontro con il direttore della scuola primaria di Evijarvi! Trovate le foto qui oppure qui.

Seminatori di stelle

La nostra amica Cristina, partecipante del progetto Samara, ci ha donato prima di partire delle stelle colorate fatte con la tecnica origami.


Erano accompagnate da questa dolce dedica:
“Siamo polvere di stelle, ecco perché affidiamo i nostri sogni a loro.
Poi diveniamo nucleo splendente che ci permette di brillare lasciando una traccia dietro di noi.
Nel nostro andare, nuove stelle prendono vita ad ogni tappa del nostro incedere.
Unendole il disegno sarà chiaro in questo vasto cielo stellato.”

La prima l’abbiamo appesa al cruscotto di Joy e ci segna la direzione da prendere…


Le altre abbiamo deciso di condividerle e donarle alle persone che incontreremo lungo la strada.
Le doniamo in segno di buon auspicio per i desideri di gioia che ognuno potrà esprimere!
Infatti le stelle hanno una stretta relazione con i desideri: etimologicamente “desiderio” significa “senza sirio”. Sirio era la stella di riferimento per gli uomini di mare e terra per orientarsi, per sapere quale direzione intraprendere…
Proprio come le stelle, i desideri danno direzione al nostro procedere.
Desiderare è l’inizio di un progetto, un sogno…

Sarà bello alla fine del nostro viaggio poter tracciare una mappa delle stelle regalate e seminate…

Uno speciale ringraziamento va a Cristina perché il suo dono unisce il nostro sogno a quelli altrui!


Queste sono le stelle che finora abbiamo donato:

Grumes – Trentino-Alto Adige: Gloria e Marcello
Brloh – Czech Republic: Christina and Jiri
Opinogora Gorna – Poland: Adam and Anja
NordKapp – Norway: Giampiero e Libero+Musa
Oulu – Finland: Kristiina and her son, Rafael

Rock art!

Venerdì 2 settembre dopo aver salutato Giampiero Monaca ci siamo diretti a sud con l’idea di raggiungere Lakselv alla fine del Porsangerfjord e da lì proseguire il giorno dopo per la Finlandia. Lungo la strada però, come spesso accade, abbiamo cambiato destinazione. Ci siamo lasciati tentare dal cartello che indicava la direzione per Alta, meta suggeritaci qualche giorno prima da Mario e Lea, la coppia di ragazzi tedeschi conosciuti quache giorno prima e che proprio mentre ci dirigevamo a Nordkapp abbiamo rivisto lungo la strada.

La cosa che ci ha stuzzicato maggiormente è stata l’idea di recarci all’Alta Museum situato sulla baia di Hjemmeluft.

Hiemmeluft è il nome norvegese della zona che un tempo i Sami (termine da preferire al più usato Lapponi) chiamavano Jiepmaluokta (jiepma = foca e luokta = baia) ma ormai di foche nella baia non se ne vedono più…

Ciò che ha reso famoso questo luogo, al punto da meritarsi l’iscrizione al patrimonio dell’Unesco nel 1985, è stata la scoperta tra gli anni ’60 e ’70 di alcune incisioni rupestri.

Ad oggi sono state portate alla luce circa seimila figure risalenti ad un perido compreso tra settemila e duemila anni anni fa.

“L’arte rupestre di Alta, che include migliaia di incisioni e graffiti, è un’eccezionale testimonianza di vari aspetti della vita, della natura e delle attività delle popolazioni di cacciatori che hanno vissuto nel territorio artico nella preistoria. Le grandi variazioni di motivi e scene rappresentate hanno un alto valore artistico e rappresentano una lunga tradizione di interazioni tra le popolazioni di cacciatori e il territorio. Le incisioni rappresentano anche lo sviluppo dei simboli esistenti e dei riti praticati intorno al 5000 a.C. fino all’anno 0” (fonte: unesco.org)

Le numerose figure rupestri sono incise su rocce situate in una zona costiera. A seguito dell’innalzamento delle terre avvenuto al termine dell’ultimo periodo glaciale (la cosiddetta glaciazione Würm, terminata all’incirca tra il 16.000 e il 14.000 a.C.) le incisioni più antiche risultano situate nella parte superiore del sito mentre le più recenti si trovano più vicine al mare.

Quando le rocce furono incise, infatti, la roccia si trovava a livello del mare. Oggi sono visibili a differenti altezze tra gli 8 e i 25 metri s.l.m. Durante il periodo glaciale la maggior parte della Scandinavia era ricoperta, e spinta verso il basso, da un enorme strato di ghiaccio spesso fino a tremila metri di altezza. Quando, al termine dell’era glaciale, il ghiaccio ha lentamente inziato a sciogliersi, la terra ha iniziato ad innalzarsi prima più velocemente e poi più lentamente, al diminuire della pressione.

Percorrere i 3 chiometri di passerella che costeggia i vari massi incisi è stato un vero tuffo nel passato sia dal punto di vista geologico che antropologico. O meglio, è stato come prendere la macchina del tempo partendo dalle incisioni più antiche (pitturate di rosso secondo l’uso in voga ai tempi della loro scoperta) a quelle più recenti, volutamente lasciate nella loro condizione originale.

Una guida cartacea e un’ottima audioguida (disponibile anche in italiano) hanno reso la fruizione della visita ancora più interessante ed arrichente sia per noi che per i bambini.

Oltre al fascino di un’espressione artisitica risalente ad un passato così lontano ci ha permesso di conoscere e riflettere su tanti argomenti:

  • Geologia – glaciazioni, movimenti della crosta terrestre, formazione e composizione delle rocce
  • Storia – linea del tempo, evoluzione dei viventi, contatti tra popolazioni in epoche lontane, convenzioni nella misurazione del tempo (a.C. / d.C.), usanze della vita quotidiana, tradizioni e necessità e modalità diverse di comunicare (da quella grafica a quella linguistica orale e scritta).
  • Zoologia – diffusione di alcune specie di animali e loro caratteristiche, estinzioni per diverse cause.
  • Filosofia – concezione di spiritualità, sciamanesimo, cosmogonia, connessione profonda con la natura e le sue forze (animali totemici).

A conclusione del percorso all’aperto, una mostra permanente allestita nei locali del museo ha arricchito la visita grazie a panneli informativi, teche con reperti, filmati e alcune esperienze multimediali che i nostri due nativi digitali hanno particolarmente apprezzato.

Un’ultima curiosità: il locale seminterrato che ospita i bagni e gli armadietti guardaroba è anche un rifugio anti-bomba. A partire dal 1953, in piena guerra fredda, una legge norvegese prevedeva che ogni edificio pubblico con una superficie superiore ai 150 mq dovesse opsitare un bunker. Il museo di Alta, inaugurato nel 1991, occupa una superficie di 2500 mq e il suo rifugio sotterraneo potrebbe offrire riparo in caso di bombardamento e radiazioni ma, come evidenziato sulle sue porte, il personale si augura che non debba mai essere usato per lo scopo per cui è stato creato bensì “come parte di un esibizione museale sul passato primitivo dell’umanità quando l’uomo ha fatto la guerra contro l’uomo”.

Insomma, una deviazione dell’ultimo minuto si è rivelata un’ottima occasione di apprendimento per tutta la famiglia. L’interesse che questa esperienza ha suscitato in Giacomo e Anita si sta manifestando anche nei loro giochi: proprio nel momento in cui scrivo stanno impersonando due primitivi che cercano legna e vanno a caccia per nutrire la tribù.

Ancora una volta il viaggio ci ha insegnato qualcosa del nostro passato di specie umana in cammino.

Un ringraziamento va a Roberta che, con una donazione fattaci qualche giorno fa, ci ha permesso di sostenere il costo (non proprio economico) dell’ingresso al museo. Grazie di cuore!

Giunti alla fine della terra… per poi ricominciare!

Dopo aver attraversato chilometri e chilometri di strada con montagne da una parte e mare dall’altro -si intrecciano in un abbraccio amoroso- siamo arrivati a quello che ti dicono essere il punto più a Nord d’Europa!

Capo Nord, 71° 10′ 21″.

Tecnicamente un promontorio di erba e pietra che si butta a picco nel mare, nell’oceano Artico. 

Poi una distesa infinita d’acqua…

Null’altro!

Non c’è nulla ma in quel nulla c’è qualcosa di magnetico, potente ed emozionante!!

Credo che in parte il fascino derivi dall’aspetto simbolico del luogo.

Nordkapp è il punto più a Nord dell’Europa continentale e la fine della Terra, quantomeno della terra emersa…

Eppure quella scogliera di 300 metri a picco su una distesa d’acqua a perdita d’occhio marca un confine ben preciso. 

Oltre a lì non è possibile procedere.

Si delimita un limite forte e tangibile, la fine della terra appunto. 

Anche se poi non è una fine. 

È una fine che anela a un altro altrove, che è solo l’inizio di qualcosa d’altro, forse solo in un’altra forma. 

Una fine che richiama e apre a nuove possibilità, invece che chiuderle ed escluderle.

Eppure questa presunta “fine” ha qualcosa di maestoso, sublime e profondamente emozionante che riconduce alla sensazione e percezione della propria piccolezza e finitudine.

Mi sono sentita tanto piccola ma nello stesso tempo tanto fortunata e grata di poter contemplare tanta meraviglia!

È in questo incontro amoroso tra forze titaniche, quali la terra e il mare, in quel nulla di maestosità, che ho contemplato il Tutto!