La paternità ha rappresentato una svolta nella mia vita.
Vedere comparire il capoccione del mio primo figlio, grande e ovale come un pallone da rugby, e poi prenderlo in braccio pochi istanti dopo il parto ha spalancato, oltre al mio cuore, i miei dotti lacrimali.
Ho pianto per ore, giorni, settimane davanti alla meraviglia della vita condensata in quel piccolo essere umano.
Qualche mese dopo la sua nascita, una volta fatto ritorno sulla superficie terrestre, ho detto ad Ersilia “Nostro figlio non andrà a scuola!” Dopo un primo momento di shock, e grazie all’ossitocina ancora in circolo, si è mostrata disponibile ad ascoltare le mie argomentazioni.
Da quel giorno abbiamo intrapreso un percorso di in-formazione che ci ha portato a conoscere differenti approcci pedagogici.
Abbiamo cominciato a leggere libri, vedere documentari e, soprattutto, a incontrare famiglie che, in Italia e all’estero, avevano già dato vita a progetti alternativi alla scolarizzazione.
Giacomo, nel frattempo, aveva iniziato a frequentare un nido-famiglia quando, nel gennaio 2016, organizzammo il primo incontro rivolto al pubblico presso il liceo Parini di Seregno grazie all’ospitalità di Gianni Trezzi che oltre ad essere un amico è sempre stato un dirigente illuminato e sensibile.
Invitammo come relatore Paolo Mottana, nostro docente ai tempi dell’università, cui chiedemmo di rispondere alla domanda (che per mesi fu anche il nome del nostro gruppo informale) “Un’altra scuola è possibile?”
A quella serata parteciparono oltre cento persone, tra loro tanti insegnanti, e, per fortuna, alcuni genitori interessati e interessanti. Tra questi c’era Iris (che ancora oggi è una delle colonne del nostro sodalizio) e altre famiglie con cui cominciammo a incontrarci ogni settimana.
Nella primavera di quello stesso anno, a seguito di alcune piacevoli chiacchierate con Massimiliano Fratter, folgorato dall’incontro con la pedagogia libertaria, organizzammo un ciclo di conferenze presso il Bosco delle Querce di Seveso.
I nostri interessi si erano ormai focalizzati su alcune tematiche ben precise: approccio pedagogico non direttivo, apprendimento auto-diretto ed educazione in natura.
Nuove famiglie si aggregarono e, grazie all’interessamento dell’allora assessore all’istruzione del comune di Seveso, trovammo finalmente una sede idonea per dare vita, nel settembre 2017, al progetto di libera immersione in natura che stavamo sognando: Samara.
Da allora abbiamo percorso tanta strada, incontrato tante persone grandi e piccole e, inevitabilmente, commesso tanti errori. Solo chi non fa non sbaglia. E proprio a partire dai nostri sbagli abbiamo scoperto nuovi stimoli, nuove direzioni.
Ci hanno sempre guidato la volontà di rispondere ai bisogni dei nostri figli, di dare loro l’amore, la fiducia e il rispetto che meritano.
Nel nostro procedere abbiamo incontrato ostacoli e vissuto momenti di sconforto. Ci ha sempre supportato essere parte di una autentica comunità educante, quella che ormai rappresenta una solida e meravigliosa realtà condensatasi attorno ai progetti di Casa pedagogica.
Il titolo di questo articolo è fuorviante: non ci siamo inventati nulla! Abbiamo tolto anziché aggiungere, ci siamo ritrovati e doverci de-strutturare, a smantellare l’aurea di sacralità (e talvolta di presunzione) che ci apparteneva in quanto “professionisti dell’educazione”.
Abbiamo riscoperto vecchi paradigmi e buona pratiche anziché seguire le mode glitterate del momento.
È vero, però, che nel panorama delle realtà educative progetti come i nostri, che anche in Italia stanno cominciando a trovare diffusione, rappresentano un’alternativa all’istituzione, sono portatori di una carica innovativa, radicale e gioiosamente sovversiva.
Inevitabilmente queste esperienze hanno influenzato la mia professionalità. Chi mi conosce sa che non sono mai stato un maestro particolarmente ortodosso. Oggi vivo in una condizione schizofrenica: da un lato cerco di portare qualche piccolo cambiamento all’interno dell’istituzione contaminandola con quanto di fertile e vivo sta accadendo al di fuori delle mura delle aule scolastiche; dall’altro come padre e responsabile di casa pedagogica, mi godo la bellezza che deriva dal vedere bambini e bambine libere di imparare secondo i propri tempi e i propri interessi.
Questo viaggio è nato dalla necessità di prendere tempo e di volgere lo sguardo altrove e si sta rivelando anche un’occasione preziosa per riflettere su quanto ho fatto fino ad ora.
Senza la pretesa di aver trovato la via migliore ma con la consapevolezza di poter camminare a testa alta, con lo sguardo aperto, respirando aria buona. Ci saranno ancora bivi, inciampi, errori da cui imparare. La voglia di camminare non mi manca. Avanti così.
Ciao Sandro, sono molto belli i pensieri che hai espresso e ti/vi ammiro per i percorsi di ricerca che state facendo.
Non e’ facile trovare strade libertarie nell’educazione, e’ piu’ semplice affidarsi a quello che “c’e gia’” e magari poi bucare le gomme dell’auto all’insegnante o creare gogne mediatiche come forme di ribellione, nascondendo la propria identita’.
Sono vecchia per altre/i figli , ma se vi avessi incontrato un bel po’ di anni fa’ mi sarebbe venuta voglia di percorrere con voi queste nuove strade educative. Buona continuazione di viaggio. Un abbraccio . Cinzia
Ps. Un bacione alla Pina Bausch
Complimenti Sandro per la scrittura ,i pensieri,il cuore ,la tenacia …..del resto ……
È RICERCANDO L’ IMPOSSIBILE CHE L’UOMO HA SEMPRE REALIZZATO IL POSSIBILE.
COLORO CHE SI SONO SAGGIAMENTE LIMITATI A CIÒ CHE APPARIVA LORO COME POSSIBILE,NON HANNO MAI AVANZATO DI UN SOLO PASSO
M. BAKUNIN